Prolasso del Retto
Il prolasso rettale è la fuoriuscita di parte del retto attraverso l’ano; sebbene sia una condizione benigna, è altamente debilitante per la Persona che ne soffre. Si riscontra maggiormente nelle donne con un’incidenza 6 volte superiore rispetto agli uomini e con un picco tra i 70 e gli 80 anni mentre negli uomini si riscontra molto prima, intorno ai 40 anni.
Nella pratica clinica il termine “prolasso del retto” indica tre condizioni principali: prolasso mucoso, intussuscezione e prolasso rettale esterno, che rappresentano tre quadri evolutivi della stessa patologia.
Il Prolasso mucoso è la protrusione della sola mucosa nel lume rettale nel corso del ponzamento e dell’evacuazione; esso si localizza generalmente lungo la parete anteriore del retto.
L’ intussuscezione è un’invaginazione a tutto spessore della parete rettale che può interessare tutta la circonferenza del viscere e spingersi nel lume a formare un imbuto; a seconda della sua localizzazione essa può essere distinta in un’ intussuscezione retto-rettale, se il prolasso interessa l’ampolla rettale o in un’ intussuscezione retto-anale se il prolasso giunge in contatto con la regione anale.
Il Prolasso rettale "completo” o procidenza, è la forma più grave, in cui vi è la fuoriuscita dell’intera parete di retto attraverso l’ano.
Partendo quindi da un prolasso mucoso, si arriva ad un’intussuscezione retto-rettale e nel tempo ad un’ intussuscezione retto-anale per evolversi infine in un prolasso rettale completo. L’intervallo di tempo in cui tutto questo si verifica è abbastanza ampio, della durata di molti anni, e riconosce come fattori scatenanti la stipsi cronica, la gravidanza ed il parto, tutte condizioni che portano ad un graduale indebolimento del pavimento pelvico con conseguente sviluppo del prolasso stesso.
Il 50-75 % dei Pazienti con prolasso del retto lamentano un certo grado di incontinenza fecale: essa è secondaria, da una parte, all’impegno della parete muscolare del retto all’interno del canale anale con conseguente stiramento delle fibre muscolari dello sfintere e, dall’altra, alla presenza di una neuropatia del nervo pudendo, responsabile dell’atrofia muscolare del muscolo sfintere esterno indotta dalla neuropatia stessa.
Il 25-50% dei Pazienti lamenta invece stipsi; in questi casi, oltre all’ingombro meccanico del prolasso stesso è presente molto spesso una dissinergia addomino-perineale o un’inerzia coli.
Il riscontro di un prolasso rettale isolato è insolito; nel 20-25 % dei Pazienti con prolasso del retto è presente un’ incontinenza urinaria e, nel 15-30 % dei casi un prolasso della cupola vaginale, questo a dimostrazione del fatto che il responsabile di tali condizioni è una disfunzione del pavimento pelvico che richiede una valutazione multidisciplinare.
SINTOMI e SEGNI CLINICI
I Pazienti affetti da prolasso del retto presentano nel tempo un cambiamento, un’evoluzione dei sintomi, accusando inizialmente dischezia ovvero stitichezza secondaria a difficoltà o incapacità a defecare e stipsi cronica; tali disturbi iniziano molti anni prima della comparsa di prolasso. Ad essi si aggiungono successivamente una sensazione di defecazione incompleta, frazionata, secrezione di muco, visibile sulla propria biancheria intima e intorno all’ano, dolore e tenesmo anale (spasmo doloroso dell'ano che si accompagna ad una sensazione di bisogno impellente di defecare), tutti sintomi tipici di un PROLASSO DELLA MUCOSA. I Pazienti affetti da PROLASSO INTERNO o INTUSSUSCEZIONE, riferiscono una sintomatologia del tutto analoga a quella di un prolasso mucoso, ma più accentuata. In caso di PROLASSO RETTALE COMPLETO sono predominanti disturbi quali incontinenza per i liquidi o per le feci solide. Altri sintomi tipici sono la perdita di muco e il sanguinamento; il prolasso può sanguinare per il trauma o per la congestione venosa dovuta allo sforzo durante l’evacuazione. La mucorrea è un sintomo predominante e può causare escoriazioni perianali responsabili spesso un’importante prurito anale.
E’ quindi fondamentale eseguire un’accurata valutazione dei Pazienti, questo perché il trattamento è secondario alla valutazione clinica del Paziente stesso. Dopo un’approfondita anamnesi, durante la visita, lo Specialista deve andare a ricercare segni tipici del prolasso quali una marcata discesa del pavimento pelvico a riposo e durante lo sforzo evacuativo, un’eventuale beanza del canale anale frequente soprattutto nei Pazienti anziani o l’eventuale porzione di parete rettale prolassata attraverso l’orifizio stesso. L’esplorazione rettale evidenzierà la presenza di una lassità dei muscoli del pavimento pelvico e un indebolimento dello sfintere anale. La visita viene quindi completata dall’esecuzione di un’ano-rettoscopia che è utile per andare ad escludere l’eventuale presenza di lesioni organiche a carico della regione ano-rettale, responsabili della presenza del prolasso. Talvolta, in un 10-15 % dei casi può essere rilevata la presenza di un’ulcera solitaria del retto, a carico della parete anteriore del retto.
INDAGINI DIAGNOSTICHE
Quando ci si trova di fronte ad un prolasso del retto, è fondamentale che l’esame clinico venga supportato da indagini radiologiche e fisiologiche: la valutazione del Paziente, è completa se seguita sempre da test diagnostici quali la manometria anorettale, la defecografia, la defeco-RMN - detta anche RMN dinamica del pavimento pelvico - e l’ ecografia endoanale.
La defecografia permette di valutare la presenza e l'entità di un prolasso rettale. La necessità di andare ad indagare i comparti urologico e ginecologico del pavimento pelvico, ha portato ad una evoluzione della defecografia in Cistocolpodefecografia che permette una valutazione globale del prolasso degli organi pelvici. Lo svantaggio di questa indagine è però l’elevata esposizione cui viene sottoposto il Paziente alle radiazioni ionizzanti e la mancanza di informazioni che questa indagine fornisce sui tessuti molli circostanti.
Negli ultimi anni è cresciuto l’utilizzo della RMN dinamica ; essa viene sempre più utilizzata essendo particolarmente utile per l'imaging di strutture anatomiche non altrimenti visibile, come ad esempio i muscoli e le strutture fasciali del pavimento pelvico, fornendo così immagini di deficit dei muscoli e delle strutture fasciali della pelvi. I vantaggi della RMN sono la mancanza di esposizione a radiazioni ionizzanti e l’alta risoluzione utile per la valutazione morfologica del pavimento pelvico. Gli unici svantaggi sono la sua limitata disponibilità e i costi elevati dell’indagine.
L’Ecografia Endoanale è un’indagine che contribuisce alla precisa identificazione di eventuali lesioni e disfunzioni dell’apparato sfinteriale secondarie al prolasso. Il suo valore principale è quello di fornire, attraverso un’ indagine semplice e veloce, un’informazione obiettiva su concomitanti alterazioni dello sfintere anale.
La Manometria Ano-Rettale contribuisce all'interpretazione della fisiopatologia del prolasso rettale, mostrando anomalie della funzione dei muscoli del pavimento pelvico correlati a fattori quali la gravidanza,il parto e una lunga storia di stipsi.
Le Pazienti che accusano incontinenza urinaria o alle quali si riscontra un prolasso vaginale, o un cistocele è necessario sottoporle ad una valutazione uro-ginecologica la quale può essere supportata da indagini di urodinamica: questo a dimostrazione del fatto che una valutazione diagnostica multimodale deve essere considerata fondamentale per ottenere un’ accurata interpretazione patogenetica del prolasso rettale; la combinazione delle indagini sopradescritte porta ad un una migliore comprensione e al riconoscimento preoperatorio delle alterazioni anatomiche del pavimento pelvico, importanti per un’accurata selezione dei Pazienti da sottoporre ad intervento chirurgico.
Una considerazione importante da fare è la seguente: vi è un’elevata percentuale di persone che mostrano alla defecografia un’intussuscezione ma che sono asintomatiche: questo dimostra che non tutti i Pazienti cui viene diagnosticato un prolasso del retto o un’intussuscezione necessitano di un trattamento chirurgico. In questi casi il Paziente deve essere avviato verso un trattamento di tipo conservativo.
TRATTAMENTI
Trattamento Conservativo: La formazione del prolasso è un processo lento e graduale; indipendentemente dall’evento patogenetico iniziale, è inevitabile che a livello pelvi-perineale forma anatomica e funzione si influenzino reciprocamente; è pertanto verosimile che l’alterazione morfologica rappresentata dal prolasso rettale interno influenzi la funzione motoria e sensitiva della regione anorettale e che, a sua volta, le caratteristiche funzionali della regione stessa influenzino la progressione del prolasso, nonché la sua sintomatologia. L’entità di questa influenza è variabile, come dimostra il frequente reperto isolato di un prolasso rettale interno in Pazienti asintomatici. Ciò dipende probabilmente dalla capacità di compenso del “sistema di defecazione in toto”. E’ possibile inoltre, che il Paziente acquisisca delle abitudini o dei nuovi schemi motori atti a compensare – spesso inconsciamente – un’alterazione che compromette la defecazione; queste modificazioni comportamentali, se errate, possono nel tempo arrecare ulteriore danno.
Il Trattamento Riabilitativo del prolasso rettale interno si inserisce in tale contesto inteso non semplicemente come rinforzo della muscolatura perineale bensì come una “ri-programmazione sensitivo-motoria” e quindi di “ri-educazione” del Paziente. Questo è un aspetto importante e chiarisce il motivo per il quale il Paziente deve essere inizialmente avviato, laddove possibile, ad un programma di riabilitazione pelvica e solo in seconda battuta ad un intervento chirurgico di correzione del prolasso ciò perché il trattamento chirurgico del prolasso rettale interno presenta un tasso di fallimento del 30-40%. Nei pazienti affetti da intussuscezione rettale la riabilitazione è molto complessa, ogni Paziente richiede un approccio riabilitativo diverso, personalizzato. Il programma riabilitativo che si basa sulla combinazione della fisiokinesiterapia pelvi-perineale, dell’elettrostimolazione funzionale e del biofeedback è costituito da 10-12 sedute con cadenza bi-settimanale e una durata di ogni sessione di circa 40-50 minuti. Il trattamento riabilitativo può avere due diversi percorsi a seconda che ci si trovi di fronte ad un intussuscezione retto-rettale o intussuscezione retto-anale; entrambi i quadri patologici possono essere trattati con la riabilitazione con un successo terapeutico del 65-80% e con un'efficacia del trattamento di lunga durata.
Il Trattamento chirurgico al prolasso rettale è controverso; attualmente non esistono delle linee guida chiare ed univoche e rimane ancora da dimostrare l'utilità della correzione chirurgica di un’ intussuscezione per disturbi funzionali. E’ proprio l’incompleta conoscenza della fisiopatologia del prolasso rettale che comporta, da una parte una grande quantità di approcci chirurgici e, dall’altra, ad un’elevata percentuale di insuccesso in termini di recidiva - dal 5 all’80%. Lo scopo della chirurgia è il ripristino dell’ anatomia e, ancora più importante e più difficile, al ripristino della sua funzione.
Numerosi fattori devono essere considerati come, l'età del Paziente, le eventuali patologie concomitanti di cui il Paziente è sofferente, ma anche dall’esperienza del chirurgo e, soprattutto, dalla funzione intestinale preoperatoria. Da queste valutazioni preliminari viene poi preso in considerazione il tipo di approccio chirurgico, il quale è principalmente di due tipi: perineale e addominale.
Nel caso di un prolasso rettale interno l’approccio che maggiormente viene utilizzo è quello perineale. Esistono numerose procedure, quelle eseguite più comunemente sono l’intervento di Delorme con la sua variante, ossia la Delorme interna detta ERPP da EndoRectal ProctoPexy; meno frequentemente la procedura di Altemeier ossia la rettosigmoidectomia perineale.
L’intervento di Delorme prevede l’ escissione transanale del prolasso attraverso l’asportazione degli strati di mucosa e sottomucosa e conseguente “plicatura” dello strato muscolare. Tale intervento risulta estremamente sicuro perché non prevede alcuna anastomosi intestinale.
I vantaggi di questa tecnica consistono nel non prevedere alcuna resezione intestinale, nel non presentare mortalità e una bassa percentuale di recidiva, mostrando un tasso di successo del 92,3%, con un’incidenza delle complicanze tra il 29,6% e il 38,2%. Tra queste ricordiamo :
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diminuzione della compliance rettale
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incontinenza anale transitoria, con completo recupero della continenza entro 1 anno.
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stenosi anale secondaria da fibrosi della sutura,
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sanguinamento rettale;
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ritenzione urinaria dopo chirurgia.
Da alcuni anni si è diffusa un’evoluzione dell’intervento di Delorme, definita ERPP ossia Endo Rectal Procto Pexy tecnica che permette la correzione del prolasso interno sotto controllo visivo. Se la tecnica è correttamente eseguita, i risultati funzionali sono buoni, e i sintomi di defecazione ostruita correlati al prolasso sono notevolmente migliorati nel 90% dei casi.
Per quanto riguarda il trattamento del prolasso rettale esterno, sono state descritte più di 100 procedure chirurgiche, ma non esiste attualmente una tecnica chirurgica definitiva e standardizzata che può essere adattata a tutti i casi. Come per il prolasso rettale interno, anche per quello esterno l’approccio chirurgico può essere di tipo perineale o di tipo addominale. Quello perineale è riservato a Pazienti anziani con comorbidità importanti, al fine di ottenere il massimo beneficio con un intervento chirurgico di più breve durata e con minima degenza ospedaliera. Sfortunatamente, questi tipi di interventi non sono così durevoli come quelli con approccio addominale, presentando un tasso di recidiva del 15-40%, a seconda della procedura adottata. L'approccio addominale, prevede la fissazione del retto all'osso sacro utilizzando diversi metodi; quello più diffuso è la Rettopessi ventrale,la quale è associata a una percentuale di recidiva, molto bassa variando dallo 0 al 10%. Una resezione del sigma può essere aggiunta alla rettopessi: i Pazienti con una storia importante di stipsi o con un sigma ridondante diagnosticato con le indagini pre-operatorie, sembrano beneficiare della resezione intestinale con un miglioramento della stipsi post operatoria.
La rettopessi ventrale è un intervento eseguibile sia con tecnica tradizionale che laparoscopica; essa consiste nell’incisione del peritoneo pelvico dal promontorio sacrale fino alla porzione anteriore della parete del retto, in
vicinanza del pavimento pelvico. Questo serve per creare uno spazio ove verrà alloggiata una protesi, una rete di circa 15-20 cm che verrà fissata alla parete anteriore del retto e adeguatamente trazionata e fissata al promontorio sacrale al fine di “riposizionare” il retto nella sua sede anatomica.
Numerosi lavori hanno dimostrato come la rettopessi ventrale sia una valida opzione chirurgica per il trattamento del prolasso rettale in termini di risultati clinici, funzionali, e in termini di recidiva con una percentuale che si aggira intorno al 3% a 5 anni.
vicinanza del pavimento pelvico. Questo serve per creare uno spazio ove verrà alloggiata una protesi, una rete di circa 15-20 cm che verrà fissata alla parete anteriore del retto e adeguatamente trazionata e fissata al promontorio sacrale al fine di “riposizionare” il retto nella sua sede anatomica.
Numerosi lavori hanno dimostrato come la rettopessi ventrale sia una valida opzione chirurgica per il trattamento del prolasso rettale in termini di risultati clinici, funzionali, e in termini di recidiva con una percentuale che si aggira intorno al 3% a 5 anni.
CONCLUSIONE: SURGICAL DECISION MAKING
Il prolasso del retto è una condizione cronica invalidante, che colpisce soprattutto le donne anziane, con una pregressa storia di stipsi; l'eziologia esatta non è chiara ma esistono numerose opzioni chirurgiche, quindi anche il “processo terapeutico decisionale” è più difficile. La decisione finale dovrebbe essere presa dal Chirurgo, dopo aver sottoposto il Paziente ad un’accurata ed approfondita valutazione, al fine di poter sottoporre il Paziente stesso, ad una chirurgia che gli anglosassoni definiscono “taylor” ossia su misura alla Persona stessa. E’ quindi fondamentale studiare molto bene i Pazienti, selezionandoli accuratamente e, soprattutto, facendo affidamento a centri specialistici di chirurgia del pavimento pelvico in cui il chirurgo colo rettale, lavora in maniera coordinata e sinergica con il collega uroginecologo: solo attraverso un lavoro d’ equipe’ si può arrivare alla risoluzione di problematiche così complesse quali quelle del pavimento pelvico.